TRENO… di ritorno 6

PER   NOME

Così grande era quel campo di grano dietro casa che era un piacere perdersi nei pensieri guardandolo.  A volte capitava che passassero ore senza accorgersene. Ondeggiava biondo, lento e flessuoso. La tentazione di corrervi dentro era altrettanto grande, ma era risaputo che non si poteva. Le spighe dovevano rimanere dritte per essere mietute senza fatica e senza perdita di chicchi preziosi. Si imparava così il rispetto del lavoro altrui ed il valore del pane.

Ma quando quel campo era arato, seminato ad erba per farlo riposare, era una festa. L’erba cresceva alta fino alla vita e mi potevo nascondere dentro. E correre.  Allora partivo dal fondo, non vista, per arrivare fino in cima, lassù in fondo in fondo, fino all’albero d’ulivo che delineava la fine dello stesso campo. L’erba mi sferzava le gambe nude, segnandole, ma non  mi fermavo. Le braccia sfioravano le estremità dell’erba rivolta al cielo. Era come volare: un crescendo di velocità e di gioia. Alla fine mi sdraiavo sotto l’albero d’ulivo; il fresco dell’erba mi dava ristoro e gli occhi si perdevano a guardare in alto per sbirciare coriandoli di cielo fra il fogliame. Rimanevo là finchè la mamma mi chiamava per nome, forte; era l’ora di cena.

P.S:…essì…